domenica 6 novembre 2016

Il teatro di Akragas, Moncada ha preso un granchio?

E se il tanto ricercato teatro ellenico non fosse altro che il topos del Putthanone d'Akràgas? 
Un dubbio, a questo punto, si insinua tra le cautelate certezze degli storici. Un dubbio (dal latino dubita) che mette in dubita anche altre indubite certezze ricostruttive. E se Raimondo Moncada avesse preso un granchio? E se il loco di perdurante amore della mitica e apprezzata dea Giumenta fosse non tra le sempre erette colonne del denominato tempio di Giunone ma proprio nell'area ove gli archeologi scavanti pensano di aver trovato il teatro perduto della greca città? 
Se fosse così, la historica scoperta farebbe crollare le ironiche ricostruzioni contenute nell'ormai celeberrimo saggio "Dal Partenone d'Atene al Putthanone d'Akràgas" di cui è autore indiscusso proprio Moncada. 

Per gli archeologi scavanti i resti che maestosamente stanno emergendo sopra la dorica Valle dei Templi sono chiari elementi di un teatro di epoca ellenica. È stato ormai affermato urbi et orbi e sentito uti et oti. La cavea si estenderebbe a semicerchio con un diametro di 100 metri, con i gradini degli spettatori paganti e portoghesi rivolti verso il mare senza granchi a guardare le onde luccicare e le genti di ogni dove e di ogni quando che ivi sbarcavano con speranzoso diletto. 
Bellissimo! Emozionantissimo! 
Moncada però non si tira indietro sulle risultanze dei suoi leggiadri studi compendiati nel sopra citato storico saggio: "Sono felice del ritrovamento, da agrigentino. Complimenti a tutti, a chi ha studiato, a chi ci ha creduto, a chi ha insistito. È una scoperta straordinaria. Agrigento recupera un nuovo tesoro che si aggiunge ai suoi tanti altri tesori. Una domanda a questo punto si posa spontanea sulla punta della mia sicula lingua: e se il luogo ritrovato non fosse altro che il teatro delle divine fatiche del Putthanone, chiamata intimamente dai suoi innumerevoli fan 'tesoro'? Potrebbe essere, insomma, la prova delle sue ubique virtù". 

Moncada ora gira la frittata, prima che bruci, con un interessante, acuto, penetrante contributo che arricchisce un dibattito che va avanti da secoli seculorum, dal giorno in cui è stato coperta di terra l'antica cavea: "Cucù, il teatro non c'è più! Era qui, ora ritrovatelo..."
Ritirare il saggio libro dai piccanti contenuti sarebbe a questo punto un saggio gesto? 
"Mai!", batte i pugni Moncada, ancora con le unghia sporche di terra e di erba dopo aver scavato per anni con le nude mani per regalare alla gaudente umanità il suo nudo idolo, nel teatro più bello del mondo. 
Ne prendiamo atto con ellenica soddisfazione. 

www.divinagiumenta.blogspot.it 

lunedì 9 febbraio 2015

Luci rosse, Agrigento batte Roma

Roma copia Agrigento, anzi l’antica Akràgas. I romani arrivano dopo. Come i numeri. Ma arrivano, in ossequioso rispetto nei confronti della Storia maestra di vita.   

All’ombra del cupolone si accenderanno le luci rosse (se passano la corrente). Così come si accesero, accecanti, sotto l’infuocato sole della Magna Grecia. Dalla capitale giungono notizie di un progetto che prevede la creazione nel quartiere dell’Eur di un’apposita area a tema, senza divieti e censure. 

Obiettivo: contrastare la prostituzione selvaggia e lo sfruttamento.
Parola d’ordine: tolleranza.

Amore libero, pulito, consenziente e bello, dunque. Così come lo fu, quando lo fu, due millenni e mezzo fa in Akràgas, l’ellenica Agrigento.

Una scelta coraggiosa, avanti e indietro con i tempi. Ma non tutti sono d'accordo. E oggi le polemiche sono roventi. 

Secondo quanto riportato nell’ormai celeberrimo saggio di quel saggio di Raimondo Moncada dal programmatico titolo Dal Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas, la mitica dea Giumenta praticò la divina attività amatoria con effetti allucinogeni negli affollati sotterranei di un sacro edificio della Valle dei Templi (nel libro è ben localizzato). E cotanto (proprio così: cotanto) fu il diletto delle popolazioni che da tutto il mondo accorsero, che si aprì naturalmente una lunga e piacevole fase storica caratterizzata da pace, appagamento e serenità. 

Regnò solo l’amore.  

Giumenta, meglio conosciuta come il Putthanone di Akràgas, accontentava tutti, in par condicio, senza distinzione di sesso, di razza, di ceto sociale, di livello culturale, di numero di scarpe e di cintura. Bastava mettersi in coda e attendere il proprio turno. Si dava a chicchessia con gratuita generosità, di colpo in colpo, senza esclusione di colpi: “L’amore non ha prezzo”, diceva nei rarissimi momenti di pausa mai in menopausa (non ci arrivò).
Divenne l’unica attrazione turistica della classicità, in un luogo subito divenuto polis di pilus.   
   

Anche altre città dovrebbero seguirne l’esempio. Il nostro sostegno sarà massimo. Non solo sostegno. Avranno anche il convinto appoggio. È la condizione per una nuova pace vera e duratura. L’amore "abbabbisce" gli animi più bellicosi. 

mercoledì 12 novembre 2014

Scoperto il piacevole teatro dell'antica Agrigendo

Ad Agrigendo (così come in do la chiamavano gli antichi agrigendini) si cerca ancora il teatro greco, quello degli attori grechi (antica idiomatica dizione) e delle tragedie greche. E la cosa bella è che non sono i greci (o i grechi) a cercarlo ma gli agrigendini. “È qui!”, “No! Non è qui, ma è lì!”, “Scaviamo un po' più in là…”. 

Tempo sprecato. È già tutto nobilmente scoperto. Ed essendo tutto nobilmente scoperto è nudo come il re e come le mani quando sono impegnate negli scavi di una certa difficoltà.

Nessuno che si impegni a valorizzare un luogo, un sito, un topos (al maschile) che è stato teatro non di tragedie ma di piaceri a tinchjtè (forza ddrocu!) come hanno testimoniato gli intenditori di intese. 
Il più grande topos dell'umanità. 
In questo teatro, operava con sommo diletto la Divina Giumenta, le cui sacre rappresentazioni e le finali ovazioni (da ovos, ovis, ovas) sono minuziosamente descritte nell'opera omnia "Dal Partenone diAtene al Putthanone di Akràgas" dello studioso di studi intramontabili Raimondo Moncada


Un'opera piacevole perché fonte di immani piaceri venuta fuori dopo leopardiani sudati studi sudati in quel tempio indicato dal dito sbagliato della storia come casa (home in inglese) della dea Giunone. In quella stessa casa (house in inglese, casa in agrigendino), nella mitica alcova di piaceri universalmente ricercati come il pelo nell'uovo (ova, ova, ova, nella declinazione agrigendina), veniva di volta in volta siglata la celebre "pax populi pax dei". I nemici appaganti diventavano amici per la vita e non si faceva più la guerra per la morte.

L'amore attirava allora flussi turistici da ogni dove e con chicchessia: con le mule, con le asinelle, con le cavalle, con le zattere, con le canoe, con le caravelle, con i motopesca, con le navi crociera, con le scarpe, con gli zoccoli. Ogni mezzo era buono pur di cantare in Akràgas l'inno alla gioia.

In un eccezionale frammento di un eccezionale reperto archeologico di una eccezionale insegna inviata al Putthanonesk Center’s Love of London of British of Europe per gli approfondimenti del caso, per caso è scritto: "E’ nnutuli ca ti movi: piaci a tutti, puru a cu dici: a mia nun mi piaci" (NdR: “è inutile che ti dimeni: piace a tutti, piace finanche a chi afferma: a me mi non mi piace e a teti non ti deve piacere”).

L'ebook su Bookrepublik (cliccare come avrebbe fatto il Putthanone)

Foto del teatro tratta da Wikipedia

martedì 23 settembre 2014

Il terrore dei greci per la sessualità femminile

Cos'è il sesso nell'antica Grecia? 
Bella domanda, che Antonio Gnoli, giornalista di Repubblica, rivolge alla scrittrice e giurista Eva Cantarella, considerata una delle massime studiose del mondo antico.

Gli uomini greci - dice Eva Cantarella - hanno il terrore della sessualità femminile. Quando Zeus ed Era litigano per sapere se nell'atto sessuale prova più piacere l'uomo o la donna, interrogano Tiresia, che risponde: nove parti le prova la donna e una sola l'uomo. Sentenza pericolosissima. Si comincia a pensare che questa prorompente sessualità va controllata. Come? Con i modelli virtuosi e un'accettazione della virilità che è vista come un'attività sessuale sia nei riguardi delle donne che degli uomini”. 

(Per l’intervista completa rilasciata a Repubblica ecco il LINK)

sabato 3 maggio 2014

Gesualdo Bufalino: In Sicilia incontrate, "vogliosa", Afrodite

In Sicilia, terra di magia, si corre il rischio di incontrare la vogliosa Afrodite. È quanto scrive lo scrittore e poeta siciliano Gesualdo Bufalino in La luce e il lutto, un saggio tutto da leggere edito da Sellerio .     

Scrive Bufalino:
“Di questa Sicilia che cambia cercate di accorgervi: energica, attiva, estroversa, capace di inventarsi risorse e fabbrilità senza numero. Ma non dimenticate, insieme, di salvare il moltissimo ch’è salvabile nella Sicilia che dura: quel cielo e quel mare, miracolosamente resistenti agli insulti della chimica; i vulcani in fiamme, le miti colline; le pianure dove scorrono fiumi dal nome di miele; le leggende che fioriscono sulle labbra in un’aria di mito; le botteghe dove artigiani impareggiabili ripetono i venerandi gesti della fatica; le finestre fiorite di graste, dietro cui una ragazza bruna sorride; le chiese di pietra bionda, belle come creature di carne; le piazze dove ogni giorno il cartellone prevede una puntata nuova di quel teatro di pupi che è l’inesauribile vita; gli uomini, i milioni di uomini piccoli e sicuri, dal cuore ospitale, benché così irto di sofismi e rovente di lave crudeli…
Salite a bordo di questa arca triangolare di sasso che galleggia sulle onde dei millenni. È scampata a tante tempeste, sopravviverà ai missili… e mettetevi in tasca un vocabolario greco: potreste incontrare, emersa dalle acque e vogliosa di scambiare due chiacchiere, Afrodite Anadiomène…”

 

La foto di Gesualdo Bufalino è tratta dall’enciclopedia on line Wikipedia

mercoledì 30 aprile 2014

È scoppiata la guerra delle banane

Ora ti spuntano da ogni dove e con chicchessia. 
Banane ovunque. 
Ti piovono dal cielo. Ti arrivano pure per posta. Vengono stampate e affrancate. 
Le banane piacciono molto e in questi giorni vanno tanto di moda. Tutti con una banana in mano. I vip, soprattutto. 
Il frutto dell'amor è diventato un simbolo ma anche uno status symbol. 
Controllate nelle vostre cassette della posta. C'è chi ha avuto recapitati giornali di supermarket con in prima pagina caschi di banane in grande offerta. 
È scoppiata la guerra delle banane? 

martedì 24 dicembre 2013

La Divina a Radio Tivù Azzurra Palermo

Un’ora di scalzo divertimento prenatalizio con Radio Tivù Azzurra, la grande radio del sud d'Italia, in una Palermo paralizzata dal traffico automobilistico e pedonale (e da strani odori). Un’ora di grande radio tv con la giornalista dj Filippa Dolce, nel suo programma quotidiano “A porte aperte”. Un’ora di vera sicula cultura con l’editore libraio Nicola Macaione di “Spazio Cultura”. A battere il tempo e a contare i minuti con le pagine dei libri, è stato oggi Raimondo Moncada ospite unico e scalzo della rubrica del lunedì di “A porte aperte” denominata “Leggo ergo sum”.
Scalzo per dare profumo a un ambiente super riscaldato. 
Senza scarpe, Raimondo Moncada ha presentato, per radio, tv e schermi di computer e tablet (anche per gli ascoltatori origlianti dietro la porta), il suo romanzo umoristico “Mafia Ridens (ovvero il giorno della cilecca)” pubblicato a novembre da Dario Flaccovio Editore. Ma non solo. C’è stato anche il tempo per parlare della precedente opera umoristica dal titolo “Dal Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas”.
Poi tutti a prendere d’assalto le librerie, a comprare i libri da mettere ai piedi dell’albero di Natale e nelle calze senza piedi, ma puzzolenti, della Befana, in una città bloccata, affumata, smoggata, impazzita, ma illuminata a festa con le palle di Natale a intermittenza: ci sono e non ci sono, ci sono e non ci sono... 
La scalza presenza di Raimondo Moncada si è fatta sentire e vedere. Dove è passato lui la folla si è aperta in due. Le persone colte hanno chiesto riparo alle librerie. Le altre si sono messe a riparare le automobili nelle officine di autoriparazioni.