Giumenta
era un terremoto, ma mai nessuno si permise di disturbare la sua utile attività
che richiamò nell’antica Akràgas folle internazionali provenienti da ogni dove.
“L’amore non disturba”, era il motto. Il sesso aveva le sue precise regole. Si
doveva sentire per puro piacere. Chi non gridava, non gradiva e la dea si offendeva.
Oggi, purtroppo, non è più
così. Il sesso si deve fare in silenzio o a bassa voce altrimenti si rischiano
sanzioni salate. Lo dimostra un articolo pubblicato sul sito del giornale “La
Stampa” di Torino. Il titolo è emblematico:
“Sesso
sfrenato tutte le notti: 40enne condannato all’esilio dal condominio”. Un
titolo del genere inviterebbe i focosi alla castrazione vocale. Nel sottotitolo
si illustra la condanna: “Il
giudice intima all’uomo di stare lontano almeno 500 metri dallo stabile
dove sfogava rumorosamente la sua passione”.
La storia raccontata viene dal Veneto. Il
condannato per “sesso sfrenato” è un uomo di quaranta anni. “Da mezzanotte in
poi - leggiamo - la vita era impossibile a tutto il condominio, tanto da
costringere i suoi inquilini ad adattare le proprie abitudini, oltre ad
abituarsi agli inequivocabili rumori che arrivavano dall’appartamento del
focoso vicino”.
“Un
incubo a luci rosse insomma, iniziato il settembre scorso” scrive La
Stampa nell’articolo che vi invitiamo a leggere.
Ma com’era l’amore libero di
duemila e cinquecento anni fa? A questa curiosità risponde il libro “Dal
Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas” di Raimondo Moncada.
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