mercoledì 27 marzo 2013

Da Troia a Putthanone, evoluzione di un fenomeno


In un giorno di furenti polemiche, ritorna al centro del dibattito internazionale il caso esemplare di Giumenta, di cui si sparla nel saggio umoristico “Dal Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas”. L’autore è Raimondo Moncada lo stesso che dieci anni fa, nel 2003, scrisse l’opera “Odissea: Ulissi, i Froci e ‘nnà Troia”.

L’8 settembre 2012 questo sito specializzato in storia delle scaturigini ha pubblicato un post che riproponiamo in tutta la sua bellezza. Il pezzo riguarda la politica ai tempi della Magna Grecia, giustamente ribattezzata Magnaccia Grecia.

Qualcuno, allora, tirò in ballo, perché sapeva ballare, la dea Giumenta, raccontata a tutto tondo nel libro umoristico “Dal Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas(di cui, visto il successo, è in preparazione una seconda edizione riveduta e scorretta). 

Giumenta, amato mito dei miti, fu molto corteggiata dai leader politici dei tempi andati, nonostante mugugni, magagne e merenghe. 

- Un Putthanone in Parlamento? 
- Perché no! Dello sparlamento ce ne freghiamo. Se alza i sondaggi ed i cittadini lo votano, che male c'è! Ci tira la lista. 

Giumenta aveva i numeri giusti e faceva dare i numeri. Ai suoi tempi, era la più popolare e la più ricercata. Non c’era altra dea o donna mortale in grado di elevare a perfezione il mestiere che esercitava lei. E lo faceva gratis, con piacere e per piacere, da volontaria dell’amore universale. 
La Divina sarebbe stata votata da tutti, anche dai non aventi diritto e da chi tirava dritto. Era la più amata in assoluto. Chi avrebbe voluto candidarla diceva che sarebbe stata molto a suo agio tra i membri del Parlamento. Allora in Parlamento sedevano solo uomini.

La dea Giumenta, detta Putthanone, visse duemila e cinquecento anni fa. Operò nella Agrigento ellenica amando il mondo e dal mondo ricambiata. Un amore amatoriale, fatto per pura passione. Nulla mai chiese in cambio. L’umanità le fu pertanto debitrice. Ecco perché qualcuno pensò di candidarla per sfruttare il voto di scambio del "do ut des", del dare ed avere e dell’avere e dare. Votavano e venivano eletti solo maschi, sia maschili che femminili. Il requisito fondamentale era la virilità anagrafica. La dea Giumenta sarebbe stata un’eccezione quale femmina all'elevata potenza. 
Se si fosse decisa a mettersi in lista, il Putthanone avrebbe sbancato le urne. Senza bisogno di spinte, in quanto già spinta abbastanza, sarebbe stata eletta a suffragio universale, per alzata unanime, senza alcuna scheda nulla, bianca e contestata. L’avrebbero votata anche i candidati dell’opposizione. Non si decise mai per mancanza di tempo. Non volle distrarsi con altri impegni perché amava troppo la sua ellenica professione che divenne poi il mestiere più antico del mondo.

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