
Il
decadramma di Akragas faceva parte della collezione del petroliere americano
Nelson Bunker Hunt. La moneta raffigura una quadriga con sopra un'aquila con un
serpente tra gli artigli e sotto un granchio e dall'altro lato due aquile che
ghermiscono una lepre. Sarebbero 12 gli esemplari noti di cui sei collezioni
pubbliche in musei (Monaco, Cambridge, Londra, Siracusa, Parigi e Lisbona). Era il pezzo forte dell'asta svizzera durante la quale sono state messe all'asta 400 monete, d'oro e d'argento, di origine greca e romana.
“Il
decadramma – leggiamo su Repubblica,
in un pezzo a firma del giornalista Fabio
Russello – è considerato una sorta di capolavoro dell’arte numismatica: è
stato coniato pochi anni prima che la città fosse distrutta dai Cartaginesi nel
406 a. C. Nel 1990, a Sotheby, ne fu
venduta una per poco meno di 600 mila dollari e per dieci anni rimase un record
imbattuto”.
“L’acquirente
del decadramma dell’antica Akragas diventi sponsor della città”, dice il
sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, in un articolo a firma del giornalista
Stelio Zaccaria sul quotidiano La Sicilia. Il sindaco, leggiamo ancora, lancia
un appello all'anonimo riccone che ha acquistato la moneta: “Spero che al nuovo
acquirente della moneta si possa affidare il finanziamento della tutela dei
beni archeologici della città. Noi saremo ben lieti di accogliere il suo aiuto
e siamo pronti ad offrirgli la cittadinanza onoraria”.
Secondo
quanto si legge nel libro “Dal
Partenone di Atene al Putthanone di Akragas”, il decagramma battuto all'asta di Zurigo potrebbe essere un
rarissimo esemplare di moneta akragantina. Duemila e cinquecento anni fa, batteva solo la
dea Giumenta, la divinità che appagava senza farsi pagare. Tutta la vita
sociale, culturale ed economica ruotava attorno a lei che si dava con
generosità senza pretendere nulla in cambio dal mondo che la veniva a trovare. Odiava le monete sonanti. Preferiva solo i sonanti.
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