martedì 16 ottobre 2012

Fare figli a cento anni, record in India


L’amore non ha età così come non si lascia schiacciare dal peso degli anni la paternità. Il padre concepitore più anziano del mondo è un indiano. Si chiama Ramajit Raghav. È un contadino di 97 anni dello Stato di Haryana. Ad annunciare il suo record è stato lui stesso al  quotidiano The Times of India.
La notizia la leggiamo sul Corriere della Sera .
Il record è stato accolto con grande gioia dal fan club della Dea Giumenta, la donna che in amore ha battuto e ribattuto tutti i primati mondiali e poi universali. La si può apprezzare in tutto il suo splendore nel libro Dal Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas di Raimondo Moncada.
Ma torniamo al record man indiano, al concepitore più anziano del pianeta Terra.
L’arzillo contadino abita nel villaggio di Kharlhoda. Alla fine del 2012, ha fatto parlare di sé per avere avuto ultranovantenne il suo primo figlio dalla moglie, di quarant’anni più giovane di lui.
La signora, di 52 anni, lo scorso 5 ottobre in un ospedale di Sonipat (a 40 chilometri da New Delhi) ha dato alla luce un altro maschio. Il recordman, apprendiamo dalla stampa, avrebbe deciso di appendere il macchinario al chiodo. Non procreerà più.

Ma qual è il segreto di tanta longevità amatoria e concepitoria?
Ramajit Raghav, leggiamo sul Corriere, per gran parte della sua vita è stato scapolo e ha praticato la castità. Poi dieci anni fa ha incontrato la moglie e tutto è di colpo cambiato.
Le sue abitudini?
Il contadino, spiega al Times of India, si sveglia alle 5 del mattino e va a dormire prima delle otto di sera. Nel pomeriggio, dopo aver lavorato la terra, fa un sonnellino di un’ora o due.
Cosa e quanto mangia?
Circa due litri di latte di mucca al giorno, verdura fresca (specialmente quella verde) e focaccine. Niente alcol. È astemio.
L’amore lo aiuterà a vivere in armonia per altri secoli. Perché l’amore, come insegnava la Dea Giumenta, fa bene a tutti e a tutte le età. Ringiovanisce e rinvigorisce. Per ulteriori approfondimenti, si rimanda spassionatamente al libro “Dal Partenone di Atene al Putthanone di Akràgas”.

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